I MILLE PERCHÉ - CHIMICA E FISICA - I GAS

PERCHÉ I PALLONCINI VOLANO VERSO L'ALTO?

Un palloncino colorato nelle mani di un bambino: egli lo porta a spasso felice e lo guarda danzare in aria mosso dal vento o dal filo che tiene stretto in mano. Ma ecco che, per un attimo di distrazione, il filo gli sfugge di tra le dita e il palloncino rapidamente vola verso il cielo. Perché sale?
Un palloncino è nient'altro che un aerostato semplificato, un involucro di gomma pieno di gas, ossigeno di solito, che, essendo più leggero dell'aria, si porta verso gli strati più alti dell'atmosfera. Questo semplice oggetto che ha fatto felice quel bambino e che è stato causa di sorpresa e dolore per la sua precipitosa fuga verso l'alto, ci fornisce l'occasione di parlare dei gas utilizzati in passato dall'uomo per vedere realizzato il suo antico desiderio di volare.
La prima ascensione, dovuta ai fratelli Montgolfier, risale al 1783 e il loro «pallone» era sostentato da aria calda.
Anche voi potrete fabbricarvi una piccola mongolfiera: basterà che costruiate un involucro di carta con un'apertura in basso ed accendiate un focherello sotto questa apertura. L'aria che è nel pallone, riscaldata dal fuoco, tenderà a salire e trasporterà il vostro aerostato in alto.
I primi veri e propri aerostati vennero subito dopo ed utilizzarono, per sollevarsi, l'idrogeno.
Come riuscivano i passeggeri della navicella a manovrare e dirigere l'aerostato?
Il «pallone» veniva caricato di zavorra e, nella parte inferiore, era provvisto di una valvola per lo scarico del gas: per la salita bastava liberarsi della zavorra, per la discesa scaricare all'esterno una parte dell'idrogeno contenuto nel pallone. Per quanto riguarda la direzione i primi palloni dovevano affidarsi alle correnti atmosferiche.
Non appena si poté applicare un motore con relativa elica, si ottenne un aerostato dirigibile.
Il primo «dirigibile» fu realizzato nel 1897 in Germania dal conte Zeppelin. Da questa data in poi tutti i Paesi ne costruirono e fu con un dirigibile, il «Norge», che nel 1926 Nobile sorvolò il polo Nord.
Utilizzando l'idrogeno l'aerostato era, però, una bomba ambulante, in quanto l'idrogeno è un gas assai infiammabile. Fu così sostituito con l'elio e i dirigibili avrebbero senz'altro avuto un'enorme diffusione se non fossero stati completamente soppiantati dagli aereoplani.
Oggi, dell'infanzia dell'aereonautica, non restano che le cosiddette «sonde metereologiche» per l'indagine atmosferica, che trasportano negli alti strati strumenti di rilevazione.
Le ultime ascensioni con palloni stratosferici, per rilievi nell'alta atmosfera, furono eseguite da A. Piccard (1932 - 16.201 m.) e da aereonauti sovietici (1934 - 22.000 m.).
Schema di un dirigibile

Modello tridimensionale di dirigibile Zeppelin, utilizzato come bombardiere durante la prima guerra mondiale

PERCHÉ IL GAS DA CUCINA È VENEFICO?

Gas è un termine forgiato nel XVII secolo dal chimico olandese Van Helmont, derivato forse dal latino «chaos» (massa informe) o, più probabilmente dalla voce tedesca «Geist» (spirito), termine che abbraccia genericamente ogni sostanza che si presenti nel particolare stato, detto appunto «gassoso o aereiforme», di aggregazione molecolare instabile, tendente ad occupare tutto il volume disponibile, ad espandersi finché è possibile.
Lo stato gassoso non è tipico di certe sostanze ma dipende da determinate condizioni di temperatura e di pressione.
L'aria, ad esempio, che in condizioni normali si presenta allo stato gassoso, essendo appunto la somma di gas diversi, variando temperatura e pressione, può presentarsi allo stato liquido o, addirittura, allo stato solido.
L'aria è composta, come abbiamo detto, di vari gas, tra cui l'azoto e l'ossigeno in gran quantità, con l'aggiunta di anidride carbonica, idrogeno e vari altri, detti gas nobili (elio, neon, argo, cripto, xeno e niton).
Ma non solo nell'aria esistono gas: alle origini nacquero dalla Terra in formazione e il nostro pianeta, ancor oggi, è l'unica fonte di rifornimento per l'atmosfera.
Oltre alle piante che producono ossigeno ed anidride carbonica (rispettivamente di giorno e di notte), la Terra sprigiona dalla sua superficie metano e azoto provenienti dalla fermentazione della cellulosa dei vegetali (gas delle paludi, torbiere) e, dalle sue viscere, metano ed altri idrocarburi provenienti dai profondi giacimenti di petrolio.
Per la loro natura combustibile l'uomo sfrutta molti gas allo stato naturale, trasportandoli per mezzo di condutture (metanodotti) sui luoghi di consumo, o li ricava artificialmente dalla distillazione dei carboni fossili e dalla raffinazione del petrolio.
Uno dei primi impieghi del gas, come combustibile, risale agli inizi dell''800: fu utilizzato per l'illuminazione delle strade.
Londra fu la prima città ad aver rischiarate le vie con i lampioni a gas, nel 1816.
Circa un secolo dopo, in seguito all'invenzione ed al perfezionamento del becco di Bunsen, cominciò ad affermarsi nelle grandi città l'uso del gas per la cucina domestica.
Il gas da cucina può far capo ad una centrale che rifornisce l'intera città di combustibile, derivato dalla distillazione dei carboni fossili o si può trovare allo stato liquido in bombole.
Questo è, di solito, una miscela d'idrocarburi derivati dalle paraffine del petrolio (butano, propano, etc.) i quali, a temperatura normale e grazie alla pressione di 2-8 atmosfere, si lasciano facilmente liquefare per tornare aereiformi non appena escono dalla bombola.
La tossicità dei vari gas da cucina è dovuta soprattutto alla preponderante presenza del carbonio, gas tossico per l'organismo, in una gamma infinita di combinazioni.

PERCHÉ CI SONO DEI GAS CHE SI CHIAMANO NOBILI?

Esistono in natura sei elementi, tutti allo stato gassoso, a cui l'uomo ha dato il nome di gas nobili poiché presentano una particolarità eccezionale, assai rara negli altri elementi chimici: l'inerzia chimica.
Che cosa s'intende per «gas inerte»? Si chiama inerte un elemento che presenta una sostanziale stabilità nel livello elettronico periferico. Abbiamo parlato diffusamente della capacità degli elementi di perdere o acquistare elettroni, di ionizzarsi positivamente o negativamente.
I gas nobili, l'elio, il neon, l'argo, il cripto, lo xeno e il radon (di cui i primi cinque si trovano in proporzioni variabili nell'atmosfera e l'ultimo e un prodotto della disintegrazione radioattiva) ad eccezione dell'elio che possiede solo due elettroni nell'orbita periferica, presentarlo un «ottetto» di elettroni esterni restio a lasciarsi modificare, a perdere o ad acquistare elettroni.
L'atomo dei gas nobili, dunque, non ha nessuna tendenza ad ionizzarsi, ad aggregarsi con altre molecole ed a formare aggregati elettronici eterogenei. La molecola di questi gas si presenta perciò rigidamente monoatomica ed essi si liquefanno a bassissime temperature.
Molteplici sono gli impieghi di questi gas, utilizzati soprattutto grazie alla loro inerzia chimica Di alcuni di essi abbiamo già parlato: ricordiamo i tubi al neon e la miscela di elio ed ossigeno delle bombole dei sommozzatori.
Citiamo ancora: l'elio, utilizzato in speciali termometri per misurare temperature molto basse, il cripto per alcuni tipi di insegne luminose e colorate, l'argo come gas di protezione nelle lampade ad incandescenza, nelle quali riduce fortemente la velocità di evaporazione del filamento di tungsteno. Interessante è sapere come si raccolgono: quelli disciolti nell'atmosfera si ricavano dalla distillazione frazionata dell'aria liquida. Sottoponendo, cioè, l'aria a forti pressioni (circa 38 atmosfere) ed a basse temperature (circa 140 gradi sotto zero) l'aria può essere liquefatta.
Vaporizzando i gas nobili a temperature diverse, procedendo alla distillazione dell'aria liquida, è possibile raccoglierli ad uno ad uno.

PERCHÉ L'ESTINTORE SPEGNE IL FUOCO?

Allorché si verifica un incendio, sorge impellente la necessità di estinguerlo al più presto, affinché non si propaghi troppo e non distrugga ogni cosa.
Spesso, per evitare che l'incendio divampi inestinguibile e che il fuoco raggiunga dimensioni pericolose, è sufficiente compiere un'azione efficace e tempestiva sul focolaio iniziale.
A ciò provvedono ottimamente gli estintori, apparecchi che, se il fuoco ha ancora dimensioni controllabili, riescono ad estinguerlo completamente.
Gli estintori più comunemente usati sono costituiti da recipienti cilindrici o conici, muniti di valvola di sicurezza, che, azionati, espellono liquidi i quali si vaporizzano a contatto con il materiale in combustione determinando su di esso un'atmosfera inerte, priva cioè d'aria e di ossigeno, tale da interrompere il processo di combustione.
I liquidi usati negli estintori sono diversi: dalla comune acqua che, uscendo finemente polverizzata, evapora istantaneamente e forma sull'incendio una atmosfera inerte di vapore, al tetracloruro di carbonio, dalla schiuma, all'anidride carbonica liquida.
L'espulsione e la vaporizzazione del liquido è dovuta all'azione di un gas che viene introdotto nell'estintore sotto pressione al momento del caricamento. Azionando l'estintore, infatti, il gas (aria o azoto) compresso spinge il liquido a fuoriuscire con violenza: questo, convogliato in appositi spruzzatori ed in coni di erogazione, esce naturalmente polverizzato e quindi nelle migliori condizioni per trasformarsi in vapore.
Negli estintori ad anidride carbonica liquida l'azione del gas compresso è svolta dagli stessi vapori del liquido, la cui tensione a temperatura normale è sufficiente a provocare l'espulsione del liquido non appena si azioni l'estintore e cioè non appena lo si apra.
Le valvole di scarico, infatti, sono del tipo a guarnizione ma possono anche ridursi a semplici dischi che vengono forati al momento dell'uso.
Un estintore in sezione

PERCHÉ DA UNA BOMBOLA PER «AEROSOL» IL LIQUIDO ESCE POLVERIZZATO?

Ormai d'uso comune, utilizzate per molti scopi, sono delle bombolette, chiamate comunemente «spray» e più propriamente nebulizzatori o polverizzatori, le quali, in seguito ad una leggera pressione su di una valvoletta, lanciano intorno liquidi vari finemente polverizzati, siano essi insetticidi, deodoranti, lacche per capelli, profumi ecc.
Come funziona una bombola per aerosol?
Nell'interno della bombola è contenuta una sostanza estremamente volatile, un gas come il freon, ad esempio, che, compresso, in parte è libero nella parte superiore della bombola, in parte contiene in soluzione o in sospensione la sostanza da polverizzare.
Schiacciando la valvola, la pressione del vapore del freon costringe il liquido ad uscire all'aperto. Questo, libratosi in aria, si suddivide in minutissime goccioline sotto la spinta del gas propellente che, a contatto con l'aria, si vaporizza con rapidità fulminea.
La nebulizzazione allo stato di aerosol (si chiama aerosol un sistema disperso in un gas: sono aerosol, ad esempio, il fumo, la polvere e la nebbia) oltre a trovare numerosi impieghi nell'uso comune, costituisce anche una moderna forma di terapia.
Le piccolissime dimensioni delle particelle disperse in una nube di gas (inferiori ad un millesimo di millimetro) permettono di raggiungere, attraverso le vie respiratorie, i bronchi e gli alveoli polmonari consentendo un rapido assorbimento delle sostanze medicamentose da parte del circolo sanguigno generale.
Con questo sistema, infatti, si somministrano ad esempio antibiotici e sulfamidici, sostanze balsamiche atte a dilatare i bronchi, anestetici e così via, per la cura soprattutto dell'asma bronchiale delle bronchiti, delle polmoniti e di ogni forma di insufficienza respiratoria.

PERCHÉ CON LA FIAMMA OSSIDRICA SI PUO' TAGLIARE L'ACCIAIO?

Parlando della fiamma abbiamo detto come essa sia costituita da un insieme di gas, in combustione con l'ossigeno dell'aria.
La sostanza che dà origine alla fiamma può essere solida, liquida o gassosa. Nei solidi e nei liquidi il calore che segue alla combustione serve anche a mantenere la fiamma in quanto provoca, per distillazione o per decomposizione, lo svilupparsi di ulteriori masse di gas che subentrano in sostituzione di quelle ormai bruciate. I gas che bruciano insieme all'ossigeno o all'aria producono temperature diverse. Ad esempio, l'idrogeno, bruciando con l'ossigeno, è in grado di sviluppare temperature di circa 2500 gradi, mentre l'acetilene, un idrocarburo, sempre bruciando in presenza di ossigeno, raggiunge i 3000 gradi. Per queste sue particolarità, si è pensato di utilizzare a scopi pratici una fiamma simile, per saldare e soprattutto tagliare l'acciaio.
È nata così la «fiamma ossidrica» e la «fiamma ossiacetilenica», la prima che utilizza come combustibile l'idrogeno, la seconda l'acetilene. In entrambi i casi il comburente è sempre l'ossigeno che, oltre ad intervenire nella combustione, in particolari casi è determinante per il successo dell'operazione.
Così avviene nel cannello ossiacetilenico che si usa per tagliare l'acciaio e il ferro.
Questo «cannello» è costituito da due beccucci distinti, adiacenti o concentrici. Quando si vuol effettuare un taglio si fa effluire una miscela di acetilene-ossigeno da uno dei beccucci, fiamma che produce un effetto riscaldante, grazie alla quale si porta ad incandescenza il metallo da tagliare. Quindi, dall'altro beccuccio, si fa partire un getto di ossigeno puro il quale, colpendo il metallo incandescente, ne provoca la combustione viva.
Con questo sistema si possono praticare fori del diametro di 3-5 millimetri e, spostando lentamente il cannello, tagli in lastre d'acciaio dallo spessore di 5 centimetri.